Il 24 novembre 1974 il paleontologo Donald Johanson, durante una missione di scavi nel bacino del fiume Afar, effettuò una scoperta di straordinaria importanza: i resti fossilizzati di un ominide vissuto 3,2 milioni di anni fa, noto come Australopithecus afarensis, meglio conosciuto con il nome di Lucy. Questo reperto paleontologico, identificato con il codice A.L. 288-1, rappresenta un punto di svolta nello studio dell’evoluzione umana.
Il luogo del ritrovamento, situato nel triangolo di Afar, al confine tra Gibuti, Eritrea ed Etiopia, è una delle aree più ricche al mondo di resti fossili, grazie ai continui processi di erosione che espongono i sedimenti e permettono di identificare nuovi reperti.
La scoperta di Lucy fu straordinaria non solo per le sue conseguenze storiche, ma anche per la quantità di ossa ritrovate: ben 52 ossa, che rappresentano circa il 40% dello scheletro, oltre a numerose gruppi di frammenti. Mai prima d’ora si era trovato un così grande numero di ossa appartenenti a uno stesso esemplare di ominide.
Questa abbondanza di reperti ha consentito agli scienziati di compiere importanti progressi nello studio dell’evoluzione umana. L’analisi delle caratteristiche anatomiche di Lucy ha permesso di ottenere nuove informazioni sulle origini del genere Homo e sulla sua evoluzione nel corso dei millenni.
Scoprire il momento della scoperta
Durante gli anni ’70, l’Hadar, situato nella giunzione di Afar, divenne un sito archeologico molto importante per la paleontologia. Qui avvennero numerosi ritrovamenti, ma nessuno fu tanto significativo quanto quello di Lucy. Maurice Taieb, geologo e paleontologo francese, comprese l’importanza di quel luogo e diede vita alla International Afar Research Expedition (IARE), coinvolgendo colleghi di grande fama come Donald Johanson, Yver Coppen e Mary Leakey.
Durante una spedizione, il gruppo dell’IARE trovò un femore e una tibia che si rivelarono appartenere con grande probabilità a un ominide con la posizione eretta. Un anno dopo, Donald Johanson fece la grande scoperta: rinvenne la mandibola, gli arti, le coste, le vertebre, il bacino di Lucy (che permise di identificarla come di genere femminile) e alcune parti del cranio. La scoperta fu rivoluzionaria: nonostante la mancanza degli arti inferiori, i paleontologi compresero che più di 3 milioni di anni fa già esistevano ominidi con la posizione eretta.
Chi era Lucy e per quale motivo le fu dato questo nome?
Lucy è un esemplare di Australopithecus afarensis, una specie di ominide vissuta tra i 3.9 e i 2.9 milioni di anni fa durante il periodo Pliocene. Le ossa di Lucy ci hanno permesso di ricostruire un ominide con un volto allungato, una mascella robusta e una mandibola caratterizzata da prognatismo, ovvero che sporgeva verso l’esterno.
Non è chiaro il suo aspetto fisico, ma si ritiene che fosse alta circa 105 cm e pesasse tra i 25 e i 37 kg, probabilmente più piccola della media della sua specie. Lucy era un ominide bipede, in grado di muoversi e camminare in modo quasi efficiente quanto gli umani. Tuttavia, alcune ossa indicano la possibilità che vivesse anche sugli alberi o che avesse un antenato simile allo scimpanzé.
Si pensa che fosse onnivora e abile a vivere in diversi tipi di habitat, come praterie, boschi, ma anche aree lacustri o fluviali.
Il nome “Lucy” le fu assegnato dai paleontologi che la trovarono e che, stando ai loro racconti, durante gli scavi cantavano la famosa canzone dei Beatles “Lucy in the sky with diamonds”.
Un’esplorazione delle possibili teorie e ipotesi riguardanti la morte
Secondo le calcolazioni dei paleontologi, sembra che Lucy sia morta all’età di soli 18 anni. Questo potrebbe sembrare giovane per noi, ma sembra che per la sua specie l’aspettativa di vita si aggirasse attorno ai 25 anni. La causa della sua morte più probabile sembra essere stata una catastrofe naturale improvvisa che potrebbe aver colpito Lucy e il suo gruppo di australopitechi. Dagli scavi è emerso che nello stesso strato del terreno sono stati ritrovati i resti di altri membri del suo gruppo, il che suggerisce che già in quel periodo gli antenati degli umani probabilmente vivevano in gruppo.