Avvicinati a me, , e lascia che io t’introduca nel mondo delle richieste virtuali, un mondo dove le bandiere sventolano su schermi luminosi e le emoji prendono vita. Si alza la voce di Fiorello Lebbiati, giovane candidato al consiglio comunale di Lucca, e te ne tengo informato. Egli, discendente del popolo sinti-rom, scrive una sontuosa lettera aperta a Mark Zuckerberg, implorando che l’ O styago le romengo, la bandiera del suo popolo, venga inserita tra le emoji di Facebook.
Maestro del virtuale, è così che Fiorello si rivolge al fondatore e CEO di Facebook, trattandolo quasi alla pari, poiché anche lui è un giovane padre. La richiesta è intrisa di senso di appartenenza, di storia e di riscatto: Fiorello esprime le difficoltà del suo popolo, quelle barriere politiche e giuridiche che non sanno riconoscerlo come parte integrante della società italiana, nonostante la sua radicata presenza sul suolo italiano per secoli. Una non-riconoscenza che lo spinge a chiedere, con voce dolce e empatica, di aggiungere la bandiera rom tra le emoticon di Facebook, per sentirsi finalmente accettati e riconosciuti nei social preferiti.
Fiorello e i suoi compagni di lotta, siano essi rom o sinti, italiani di lunga data o profughi recenti, vivono un’esistenza imbottigliata tra leggi obsolete e mentalità arcaiche, segregati da pregiudizi e da mondi virtuali idonei allo sfruttamento dell’odio e della paura. Questo giovane attivista rom, però, non si ferma di fronte alle avversità. Egli parla di pace, tolleranza, impegno comune, multiculturalità. Egli spera in un web che rispecchi e valorizzi la ricchezza delle diversità umane, anziché essere palcoscenico per la propaganda dell’odio e dello sgarbo.
La proposta di Fiorello s’inalza come un grido di speranza: aggiungere la bandiera rom tra le emoticon sarebbe un segnale importante, un’iniziativa che dimostrerebbe come i social possano essere fucine di valori veri, come strumenti per la diffusione dell’accettazione, della tolleranza, della diversità. È il desiderio di sentirsi riconosciuti come popolo, almeno nel mondo virtuale, nell’attesa che il mondo reale faccia lo stesso.
In questo affresco militante, l’appello del giovane Lebbiati si riallaccia alle peggiori ferite dell’umanità, quelle ancora non rimarginate, quelle evidenziate con vigoria e ansia vitale. Fiorello implora l’aiuto di Mark Zuckerberg, convinto che anche nei recessi del web ci sia spazio per una risposta forte alla diffusione dell’odio, della discriminazione, del cyber bullismo. È un invito ad influenzare non solo la sfera tecnologica, ma anche quella politica e sociale, in una dimostrazione di come il virtuale possa permeare, migliorare e trasformare il reale.
Così ti ho narrato, con voce vibrante, le parole di Fiorello Lebbiati, giovane intrepido portavoce di un popolo dal passato conturbato e dall’avvenir pieno di speranza.