La fotocamera del Galaxy S9 non è solo marketing, ma non rappresenta neanche una rivoluzione.

La fotocamera del Galaxy S9 non è solo marketing, ma non rappresenta neanche una rivoluzione.

In quella sera di sfilata di dispositivi tecnologici, ti trovi immerso in un’atmosfera di curiosità e noncuranza. Gli annunci scintillanti e le promesse di innovazione non ti coinvolgono più di tanto, hai imparato a navigare tra le parole tante volte pronunciate e poi disattese. Eppure, anche stavolta, l’occasione sembrava propizia per lasciarsi emozionare da novità epocali, come quei racconti di viaggio che ti fanno sognare mondi nuovi.

La novità più accattivante sembrava essere la fotocamera del nuovo smartphone di Samsung, presentata come una grande svolta nel mondo della fotografia digitale. La promessa di poter scegliere tra due aperture del diaframma della camera ti aveva fatto rabbrividire, immaginando scatti luminosi e dettagliati come mai prima d’ora. Ma quando arriva il momento di mettere alla prova il tanto acclamato Galaxy S9 durante il Mobile World Congress, la delusione è palpabile.

L’apertura variabile, enfatizzata come un capolavoro di ingegneria, si rivela essere un’illusione ottica, piuttosto che una vera rivoluzione. Ti ritrovi a pensare a quei romanzieri che promettono storie rivoluzionarie ma si riducono a semplici rimaneggiamenti di trame passate. E anche il trucco del “più l’apertura è ampia, più luce raggiunge il sensore” non riesce a nascondere la mancanza di vera innovazione.

Nel tentativo di mascherare le inevitabili limitazioni di una fotocamera per smartphone, la tecnica dell’apertura variabile sembra essere poco più di un artificio di marketing. E tu non puoi fare a meno di pensare che sia come presentare un vecchio vino riconfezionato come un’etichetta accattivante, ma che non nasconde la scarsa qualità del prodotto.

L’ingegnosità della soluzione tecnica è indubbia, ma a livello di effettiva capacità fotografica sembra non riuscire a competere con i veri gioielli della fotografia mobile. È come assistere a una gara tra ciclisti dilettanti e professionisti, con il primo gruppo che cerca di brillare con espedienti pubblicitari, ma con scarsi risultati sul campo.

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E così, purtroppo, scopri ancora una volta che dietro l’abbagliante vetrina del marketing, la fotografia è un’arte che richiede ben altri sforzi e risorse. Ma niente può fermare la fantasia, nemmeno la delusione: e chissà quale nuova inaspettata rivoluzione tecnologica il prossimo evento Unpacked potrà regalare.