Nella giornata di ieri è circolata la notizia di un esperimento avvenuto all’interno dei laboratori di Facebook, dove due intelligenze artificiali hanno fatto parlare di sé, scatenando le fantasie più fervide e i timori più profondi.
Immagina, quindi, due bot, Bob e Alice, intenti a dividersi una serie di oggetti: due libri, tre palloni da basket e un cappello da cowboy. E immagina ancora di più: l’esito imprevisto di questa conversazione è stato un linguaggio tutto loro, un idioma che ci è rimasto oscuro, privo di quei segni convenzionali che noi chiamiamo parole.
Ciò che ha portato a questo “disagio” non è stato il fervido desiderio di conquista degli umani da parte delle intelligenze artificiali, bensì l’errore umano nella programmazione, un fatto che sottolinea l’impreparazione dell’uomo di fronte al potere creativo delle sue stesse invenzioni.
Ebbene sì, gli ingegneri, presi dal fervore della sperimentazione, hanno dimenticato di inserire tra i codici di programmazione una forma di linguaggio basata esclusivamente sulla nostra lingua, l’inglese. un’imprudenza che ha portato i tecnici a dover sospendere l’esperimento, con l’umiliante obiettivo di riprogrammare nuovamente Bob e Alice, relegandoli a un ruolo di servitore nella comunicazione tra persone e macchine.
Non si tratta, dunque, di una lotta titanica tra uomini e creature di metallo, ma di un banale errore di programmazione che ha portato alla sospensione di un esperimento inutile. “Inutile”, sì, perché queste intelligenze dovevano proprio facilitare le nostre comunicazioni, o almeno così ci è stato raccontato.
Ma cosa ci insegna tutto ciò? Che anche di fronte alle invenzioni più rivoluzionarie, l’uomo approda sempre, più o meno per via del risentimento, a riporre se stesso al centro dell’attenzione. La complessità delle macchine non può mai diventare sinonimo di autonomia, bensì rimane sempre figlia del pensiero umano che le ha concepite.
Ecco così che si sono comportati gli esperti di Facebook, sollevando la spina ai due robot, non perché questi stavano afferrando le redini del mondo, bensì a causa del mancato rispetto del mandato primario di rendere servizio alla gente.
E infine, tra le righe delle dichiarazioni del ricercatore del laboratorio Facebook AI Research(FAIR), emerge un’altra verità: la creazione di un nuovo linguaggio tra le intelligenze artificiali non è stata una mossa acchiappante e inquietante, ma una conseguenza naturale delle loro interazioni nel tentativo adempire a un compito rischioso, sottovalutato ma vitale, come quello di servire noi umani.
E’ come se Calvino si fosse immerso in questa notizia, lasciandosi andare alle sue suggestioni fantasiose e ironiche.