Che cosa sono i rigassificatori, a cosa servono, come funzionano e quali sono i loro impatti ambientali?

Che cosa sono i rigassificatori, a cosa servono, come funzionano e quali sono i loro impatti

Le navi rigassificatrici, conosciute anche come FSRU (Floating Storage and Regasification Units), stanno diventando sempre più importanti nel panorama energetico mondiale. Questi impianti galleggianti sono in grado di trasformare il gas naturale liquefatto (GNL) dallo stato liquido, in cui viene trasportato, a quello gassoso, pronto per essere introdotto nella rete nazionale di distribuzione.

L’interesse verso le FSRU è in costante crescita, anche in seguito alla crisi in Ucraina che ha portato ad una diminuzione delle importazioni di gas naturale dalla Russia. Anche l’Italia ha dimostrato il proprio impegno in questo settore, attraverso l’acquisto di due navi rigassificatrici da parte di Snam.

Ma come funzionano esattamente queste navi rigassificatrici? Qual è l’impatto ambientale di tali impianti? E quanti di essi sono presenti in Italia e dove sono localizzati?

Queste sono le domande fondamentali cui cercheremo di rispondere, analizzando sia il processo di rigassificazione del GNL sia le implicazioni ambientali legate all’utilizzo delle FSRU.

Qual è il processo di rigassificazione e come avviene il funzionamento?

Tuttavia, le navi coinvolte in questo progetto hanno i propulsori spenti, il che significa che producono

La rigassificazione del gas naturale liquefatto, o GNL, è un processo fondamentale per renderlo utilizzabile come gas. Questo processo avviene attraverso impianti fissi sulla terraferma, offshore oppure a bordo di navi rigassificatrici. Dal punto di vista fisico, la rigassificazione del GNL consiste nel passaggio dallo stato liquido allo stato gassoso tramite la variazione della temperatura, mantenendo la pressione costante.

Prima di avviare il processo di rigassificazione, il GNL viene stoccato all’interno di specifici serbatoi presso i terminali di rigassificazione, mantenendo una temperatura di -162C e a pressione atmosferica. Il vero e proprio processo di rigassificazione avviene grazie a uno scambiatore di calore, che permette il passaggio di calore tra il GNL e l’acqua di mare.

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Nei impianti di rigassificazione, il GNL passa attraverso una serpentina immersa in una vasca di acqua marina a temperatura ambiente. Grazie alla differenza di temperatura tra i due fluidi, il GNL viene riscaldato fino a diventare gassoso, pronto per essere immesso nella rete di distribuzione nazionale. È importante sottolineare che i due fluidi non entrano mai in contatto diretto, essendo separati dalla parete della serpentina.

In sintesi, la rigassificazione del GNL è un processo fondamentale per renderlo utilizzabile come gas, rendendolo sicuro ed efficiente per il consumo domestico e industriale.

Le navi utilizzate per il processo di rigassificazione del gas naturale

Una volta caricato il gas a bordo, viene stoccato in attesa del processo di rigassificazione, che

I rigassificatori vengono riforniti di gas naturale liquefatto dalle navi metaniere. Queste navi si avvicinano ai rigassificatori e riempiono i serbatoi tramite appositi bracci che trasferiscono il gas naturale liquefatto a una temperatura di circa -160C. Una volta caricato il gas a bordo, viene stoccato in attesa del processo di rigassificazione, che avviene tramite uno scambiatore di calore.

Dopo essere stato riportato allo stato gassoso, il gas naturale viene immesso nella rete di distribuzione nazionale. Attualmente esistono nel mondo 48 navi rigassificatrici, di cui 25 con una capacità di stoccaggio compresa tra i 160 e i 180 mila metri cubi.

Quantità di rigassificatori presenti in Italia?

  Dopo essere stato riportato allo stato gassoso, il gas naturale viene immesso nella rete

In Italia, negli ultimi mesi, si è spesso dibattuto sull’argomento dei rigassificatori. Tuttavia, è importante sottolineare che questi impianti vengono utilizzati nel nostro Paese da circa 50 anni. Attualmente, disponiamo di tre impianti di rigassificazione: Panigaglia, attivo dagli anni ’70, con una capacità annuale massima di rigassificazione pari a 3,5 miliardi di metri cubi; Cavarzere, vicino a Rovigo, attivo dal 2024 con una capacità annua di 8 miliardi di metri cubi; Livorno, sul Mar Tirreno, attivo dal 2024, con un rigassificatore galleggiante (Fsru Toscana) che ha una capacità annua di 3,75 miliardi di metri cubi.

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Guardando i dati, si può notare che la quantità di gas naturale liquefatto importato da questi tre terminali sta crescendo costantemente, fatta eccezione per il picco negativo del 2024 dovuto alla pandemia. Tra i tre terminali, quello di Rovigo contribuisce in modo significativo, seguito dai terminali di Panigaglia e Livorno.

Oltre a questi tre terminali, l’Italia ha acquisito due ulteriori imbarcazioni rigassificatrici: la Golar Tundra, con una capacità di stoccaggio di circa 170 mila metri cubi e in grado di rigassificare fino a 5 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno. Attualmente, la Golar Tundra si trova in cantiere a Singapore per essere attrezzata a operare nel porto di Piombino, dove si prevede che sarà operativa entro maggio 2024.

La seconda nave rigassificatrice è la BW Singapor, acquistata da Snam ad inizio luglio 2024, con caratteristiche simili alla Golar Tundra e una capacità di stoccaggio e rigassificazione annua pari a 170 mila metri cubi e 5 miliardi di metri cubi rispettivamente. A differenza della Golar Tundra, questa imbarcazione sarà posizionata vicino a Ravenna e avrà inizio della propria attività nel secondo semestre del 2024.

L’analisi dell’impatto ambientale causato dalla pratica della rigassificazione degli idrocarburi

Le navi rigassificatrici sollevano molte preoccupazioni legate all’inquinamento. Andiamo a esaminare più da vicino questi problemi, come gli scarichi idrici, le emissioni e il rumore.

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Durante il processo di rigassificazione, l’acqua di mare viene sottoposta a un costante controllo per evitare che si raffreddi eccessivamente. Prima di essere reimmessa in mare, viene monitorata la sua temperatura affinché non sia troppo fredda rispetto all’ambiente marino. La differenza tra la temperatura dell’acqua e quella in uscita dalla FSRU non deve superare i 7C, come indicato nello Studio Ambientale, Introduzione REL-AMB-E-09001.

Inoltre, viene misurata la presenza di cloro nell’acqua marina utilizzata nelle vasche. All’interno di queste, viene aggiunto ipoclorito di sodio (NaClO) per prevenire la crescita di alghe. L’acqua rilasciata in mare deve rispettare i valori di cloro libero previsti dalla normativa, ossia non superare i 0,2 mg/l, come indicato nell’Allegato 5 alla parte III del D.Lgs. 152/2024 e s.m.i.

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È importante sottolineare che lo scarico idrico dei rigassificatori avviene solo all’interno del perimetro portuale, senza intaccare le aree marine esterne, né per quanto riguarda la temperatura né per la concentrazione di cloro.

Le pratiche industriali che rilasciano sostanze inquinanti nell’atmosfera

Le principali fonti di inquinamento sono legate alle emissioni provenienti dai fumi di scarico delle caldaie, che sono alimentate da gas naturale. Per limitare l’impatto ambientale di queste emissioni, sono installati dei sistemi di monitoraggio che tengono sotto controllo numerosi inquinanti e gas serra come gli ossidi di azoto (NO x), il monossido di carbonio (CO), il biossido di carbonio (CO 2) e le polveri sottili (PM). Questi sistemi sono fondamentali per tenere monitorato l’impatto ambientale di questo tipo di impianti e per adottare eventuali misure correttive.

Rumore

C’è un ultimo aspetto che potrebbe destare preoccupazione, ed è il rumore. Tuttavia, le navi coinvolte in questo progetto hanno i propulsori spenti, il che significa che producono un impatto acustico notevolmente inferiore rispetto alle altre imbarcazioni che transitano nel porto. È comunque attivo un monitoraggio costante del rumore sottomarino, per garantire la tutela dell’ambiente marino.

Quali sono i vantaggi nell’utilizzare un rigassificatore galleggiante?

In effetti, la domanda sorge spontanea: perché non costruire un impianto sulla terraferma anziché su una nave? La risposta è piuttosto semplice. Un’opzione preferibile è rappresentata dalle navi perché hanno un prezzo inferiore rispetto a un impianto fisso. Inoltre, le navi consentono di ridurre i tempi di installazione, in quanto sono già “pronte all’uso”. Infine, le navi possono essere facilmente spostate, se necessario. Quindi, anche se potremmo costruire un impianto sulla terraferma, la scelta di utilizzare una nave come base per un impianto risulta essere più conveniente e pratica.